Graziella Campagna, la giovane trucidata dalla mafia

L’assassinio feroce di Graziella Campagna è una storia atroce e sconvolgente che è stata un’ulteriore conferma della falsità assoluta che la mafia non tocca donne e bambini.
Invece, per Graziella, fu proprio una “Vita rubata”, proprio come il titolo del film tv dedicato alla tragica vicenda di questa ragazza innocente di 17 anni che venne barbaramente trucidata a Villafranca Tirrena il 12 dicembre 1985 dalla mafia. Graziella faceva parte di una famiglia numerosa, composta da sette tra fratelli e sorelle, che viveva a Saponara Superiore in Provincia di Messina.
Per ragioni di necessità economiche lasciò gli studi per aiutare la famiglia trovando un lavoro in una lavanderia in un comune vicino, Villafranca Tirrena e veniva miseramente pagata in “nero” con 150 mila lire al mese. Ci fu un giorno in cui trovò un documento nella tasca di una camicia di proprietà di un certo “Ingegner Cannata”.

La giovane Graziella
Tale documento rivelò il vero nome dell’uomo che era, invece, Gerlando Alberti junior, nipote latitante del boss mafioso Gerlando Alberti che anni prima venne arrestato dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Questa scoperta casuale segnò la sua condanna a morte.
Così il 12 dicembre, dopo aver finito di lavorare, si recò a prendere l’autobus che la doveva condurre a casa. Ma quella sera la corriera giunse a Saponara senza di lei. La madre entrò in allarme poiché Graziella non ritardava mai. Nessuno seppe nulla, qualcuno pensò, alla classica “fuitina”, cosi veniva definita in Sicilia una scappatella con un ragazzo.
Ma anche questa ipotesi cadde subito, in quanto l’unica persona, un ragazzo, che poteva avere una simpatia per lei in quel momento era a casa con la famiglia. Il maresciallo dei carabinieri presente proprio in quelle ore in caserma però si convinse lo stesso dell’ipotesi della fuitina e si prese un giorno di vacanza.
Mentre diversi testimoni affermarono di avere visto Graziella salire su un’auto sconosciuta, forse con qualcuno alla guida di sua conoscenza e di cui probabilmente si fidava. Due giorni dopo il corpo venne rinvenuto a Forte Campone nei pressi di Villafranca Tirrena e la povera ragazza fu riconosciuta dal fratello, Pietro Campagna.

Il fratello Pietro davanti la lapide dove venne trucidata Graziella Campagna
Gli avevano sparato cinque colpi di lupara calibro 12 e le ferite mortali erano riportate anche sulla mano e sul braccio come se avesse tentato di proteggersi dai proiettili, poi c’erano fori all’addome, alla spalla, alla testa e al petto. Dopo tre anni vengono accusati del delitto Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera, il suo guardaspalle anche noto come Giovanni Lombardo, il quali vennero rinviati a giudizio il 1º marzo 1988.
Il movente sarebbe stato quello che il mafioso Alberti abbia voluto uccidere la ragazza perché a conoscenza del suo vero nome dal documento che la ragazza aveva trovato dentro la giacca e , quindi, tutto ciò poteva rappresentare un pericolo per il latitante. Tuttavia il giudice Marcello Mondello il 28 marzo 1990 non fu perfettamente convinto dei fatti sino ad allora appurati e immaginò che potessero esserci una rete di complicità.
Nel 1996, una trasmissione tv (Chi l’ha visto?) riportò il caso alla ribalta e vennero indagati per favoreggiamento anche Franca Federico, titolare della lavanderia dove lavorava Graziella, suo marito, Francesco Romano, sua cognata Agata Cannistrà e suo fratello Giuseppe Federico.
L’11 dicembre 2004 verranno giudicati colpevoli e condannati all’ergastolo sia l’Alberti sia Sutera, Franca Federico e Agata Cannistrà saranno condannate a due anni di penitenziario, gli altri saranno prosciolti. Soltanto il 18 marzo 2009, la Cassazione respinge il ricorso formulato dai due imputati e riconferma l’ergastolo ai due.