Il giurista Massimo D’Antona, ucciso per odio ideologico dalle Nuove Brigate Rosse

Il terrorismo italiano ebbe una sanguinosa recrudescenza con un colpo di coda delle nuove Brigate Rosse che portò a numeri omicidi tra cui quello del giurista Massimo D’Antona. Il docente universitario venne ucciso a poca distanza dalla sua abitazione il 20 Maggio 1999 in Via Salaria quando aveva compiuto 51 anni. D’Antona fu uno degli allievi prediletti di Renato Scognamiglio e a 32 anni diviene professore di diritto del lavoro all’Università di Catania, mentre successivamente si trasferì nella Seconda Università degli Studi di Napoli, per poi passare all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. E’ stato anche tra i fondatori della rivista Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni.

Il prof. Massimo D’Antona
Il docente è stato uno scrupoloso e attento autore di diversi saggi e monografie sui temi delle garanzie del diritto al lavoro e alla privatizzazione del pubblico impiego, con particolare riferimento in merito all’incoercibilità delle azioni di reintegrazione nel posto di lavoro, sottolineando come le reiterate pronunce giurisprudenziali conformi non tengano in considerazione le concrete possibilità di esecuzionee anche se esistano responsabilità penali per i datori di lavoro che non eseguano il relativo provvedimento giudiziario. Ricoprì l’incarico di Sottosegretario ai Trasporti nel Governo Dini e nel 1996 venne nominato Amministratore Straordinario dell’ENAV (Ente Nazionale Assistenza al Volo) per divenirne nel 1997 consigliere d’amministrazione e nel 1998 si dimise dalla carica. Svolse anche il ruolo di consulente del Ministero del Lavoro .
Venne ucciso in un logica aberrante di annientamento di professionisti e servitori dello Stato che operavano con le loro competenze per la ristrutturazione del mercato del lavoro. Il docente universitario venne bloccato da un commando di brigatisti composta da Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce che erano nascosti da diverse ore all’interno del furgone parcheggiato al lato della strada. L’operazione fu predisposta quattro giorni prima quando vennero parcheggiati due furgoni Nissan in via Salaria, due scooter per la fuga della squadra operativa. Furono previsti tutti gli accorgimenti con delle staffette equipaggiati e camuffati che facevano da spola per controllare le operazioni dell’agguato.
Mario Galesi armato di una pistola semiautomatica calibro 9×19 senza silenziatore fece fuoco su D’Antona sparando 9 colpi del caricatore e poi con spietata crudeltà diede il colpo di grazia al cuore. I soccorsi portarono il professore al Policlinico Umberto I dove alle 9.30 spirò. Alcune Poche ore dopo l’agguato, in un documento di 14 pagine stampate giunse la farneticante rivendicazione della Nuove Brigate Rosse

Il luogo dove venne ucciso Massimo D’Antona
“Il giorno 20 maggio 1999, a Roma, le Brigate Rosse per la costruzione del Partito Combattente hanno colpito Massimo D’Antona, consigliere legislativo del Ministro del lavoro Bassolino e rappresentante dell’esecutivo al tavolo permanente del “Patto per l’occupazione e lo sviluppo”. Con questa offensiva le Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente, riprendono l’iniziativa combattente, intervenendo nei nodi centrali dello scontro per lo sviluppo della guerra di classe di lunga durata, per la conquista del potere politico e l’instaurazione della dittatura del proletariato, portando l’attacco al progetto politico neo-corporativo del “Patto per l’occupazione e lo sviluppo”, quale aspetto centrale nella contraddizione classe/Stato, perno su cui l’equilibrio politico dominante intende procedere nell’attuazione di un processo di complessiva ristrutturazione e riforma economico-sociale, di riadeguamento delle forme del dominio statuale, base politica interna del rinnovato ruolo dell’Italia nelle politiche centrali dell’imperialismo”.
La moglie Olga Di Serio venne eletta deputata dei Ds e poi del Pd.