Un ticket di ingresso a Venezia. Si può ancora “circolare e soggiornare” liberamente in Italia?

La Costituzione non invecchia mai. E neanche i principi basilari su cui essa si fonda. Sulla base di questa premessa piace ricordare in particolare l’art. 16 Cost., a tenore del quale, è consentito ai cittadini di poter circolare e soggiornare liberamente su tutto il territorio dello Stato, fatte salve limitazioni di ordine superiore stabilite dalla legge per motivi di sanità e sicurezza. Inoltre, il disposto costituzione, a corredo, si pronuncia affermando la negazione di ogni restrizione determinata da ragioni politiche.
Ora, non desta stupore il contenuto della norma costituzionale suddetta, che peraltro viene richiamata ad ogni occasione utile per la quale risulti necessario – si pensi, ad esempio, ai periodi legati alla crisi pandemica – tuttavia come spesso accade, si realizzano sul piano pratico delle scelte che discutibilmente, a causa del loro contenuto, sollevano dubbi di costituzionalità tra la norma de quo e le misure in concreto adottate sul versante legislativo od amministrativo.
A volte si tende a banalizzare la Carta, questo avviene nei vari tentativi con cui nel corso degli ultimi anni si è cercato di modificarla non sempre con particolare prudenza, ma anche nei casi in cui si procede con assoluta leggerezza all’adozione di provvedimenti potenzialmente in “rotta di collisione” con i principi sanciti in Costituzione. In base a siffatte questioni, però, non può escludersi la presenza di interpretazioni evolutive che, pur non modificando il contenuto letterale della norma, la orientino in aderenza ai mutati assetti di carattere sociale ed economico, tuttavia mai può mettersi in discussione la centralità di un principio che, esprimendo il valore alto di un “ideale”, non risulta suscettibile di variazione alcuna nel tempo.
Quanto si manifesta trova conferma anche dal contenuto delle sentenze, cosiddette “intermedie”, adottate dalla Corte costituzionale, la quale accanto alle decisioni principali di accoglimento e di rigetto, si è più volte pronunciata a riguardo dell’importanza da attribuire al momento dell’interpretazione rispetto ai termini di compatibilità delle norme ordinarie con quelle di matrice costituzionale.
Muovendo da tali considerazioni si pone, da ultimo, la fattispecie relativa la decisione assunta dal Comune di Venezia di far pagare una “quota” ai turisti non residenti per l’ingresso nella città della laguna. Una misura che sin da subito ha fatto parecchio discutere, proprio per l’estremizzazione di essa sul piano della presunta compatibilità con il principio costituzionale suesposto.
Se da una parte, l’ente locale la giustifica all’ombra dell’esigenza di garantire una regolamentazione dei flussi turistici secondo modalità diverse dal passato, e soprattutto con maggiore incisività, dall’altra non risulta esente da critiche poiché si registra una limitazione che, a conti fatti, sembrerebbe al di fuori dei confini di copertura costituzionale di cui all’art. 16 Cost.
Nel primo giorno della sperimentazione di un contributo di accesso per entrare a Venezia, migliaia di persone si sono messe in coda per oltrepassare i quindi accessi organizzati per controllare i biglietti. Mente, nei giorni che precedevano l’iniziativa, attraverso la piattaforma messa online dal Comune, è stato possibile riscontrare la presenza di ben 113mila prenotazioni: di queste, infatti, larga parte è stata obbligata al versamento per un contributo pari a cinque euro.
Durante il corso della prima giornata, il Comune ha provveduto ad incassare poco meno di ottantamila euro, sebbene lo scopo principale dell’iniziativa, al momento, sembra non essere stato raggiunto in ordine alla volontà di circoscrivere la presenza dei turisti giornalieri, spingendo dunque, a favore di una permanenza più lunga presso la città veneta delle gondole.
Venezia è la prima grande città nel nostro Paese, e tra le prime in Europa e nel mondo, a prevedere la presenza di un ticket per i turisti provenienti da fuori; non è invece previsto il pagamento per i turisti che pernottano presso una struttura ricettiva della città (sebbene costoro dovranno comunque versare la tassa di soggiorno), chi svolge la propria mansione lavorativa all’interno degli uffici comunali compresi i pendolari, ma anche gli studenti di qualsiasi istituto con sede nel Comune e più in generale i residenti presso la regione Veneto.
Ciò che si afferma consente di verificare come il pagamento del contributo di accesso non sia indiscriminato, bensì limitato ad estendere la sua efficacia ai soli soggetti che per ragioni turistiche si affrettano, estasiati, a percorrere il suolo (e il mare) ricompreso nell’ambito dei confini cittadini per un soggiorno non più lungo di una giornata. Tuttavia, restano invariate le perplessità rispetto ad una decisione amministrativa che, sullo sfondo delle statuizioni fatte proprie dall’art.16, e con particolare riferimento alle sole limitazioni eventualmente previste in virtù di interessi generali superiori, sembra realmente distaccata dall’osservanza del principio presente in Costituzione.
In città sono state peraltro sollevate anche manifestazioni di protesta contro la quota di ingresso: diverse associazioni e comitati civici, sostengono, infatti, che il contributo sia affetto da incostituzionalità poiché non si conforma alla libertà di circolazione sancita dalla Legge fondamentale. Inoltre, tanti abitanti, si sono lamentati dei controlli in corso. Un gruppo di manifestanti ha organizzato un corteo estemporaneo portando uno striscione con la scritta “Veniceland”: è stata arrestata la corsa del tram con qualche momento di tensione con le forze dell’ordine all’ingresso dei giardini Papadopoli, nel sestiere di Santa Croce (i sestieri sono le sei zone in cui è suddiviso il centro città).