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Governo dell’invisibile. Il segreto, la Massoneria e la doppia razionalità del potere democratico

La democrazia si racconta da sempre come il regno della trasparenza, della pubblicità del potere, della responsabilità politica. Ma cosa succede se guardiamo sotto la superficie? Se invece di inseguire la luce, seguiamo le ombre?

A questa domanda cercherò di rispondere  con una formula originale che sintetizza una tesi foucaultiana e più in generale una linea critica della filosofia politica contemporanea (da Foucault ad Agamben, da Borrelli a Esposito) e cioè: il potere invisibile non è una deviazione dalla democrazia, ma una sua componente strutturale.

Nel cuore di questo potere invisibile si colloca la Massoneria, intesa non solo come istituzione storica, ma come forma simbolica di governo. I suoi riti, i suoi codici, i suoi simboli – dalla squadra e il compasso all’occhio onniveggente – non sono superstizioni da salotto. Sono dispositivi di potere. Tecnologie simboliche capaci di produrre soggettività, selezionare appartenenze, costruire legittimità al di fuori dei circuiti della rappresentanza.

Come ha mostrato Michel Foucault, il potere non è solo quello che si dichiara: è soprattutto quello che si esercita senza apparire. E il tempio massonico è un perfetto laboratorio foucaultiano: luogo di iniziazione, di trasformazione dell’individuo, di addestramento al silenzio e alla gerarchia. Una scuola di sovranità alternativa.

Ma non c’è solo il simbolo. C’è anche il segreto istituzionalizzato, il segreto di Stato, che offre copertura giuridica a ciò che non può essere discusso pubblicamente. Una logica ben descritta dal politologo Gianfranco Borrelli, che definisce la ragion di Stato come un sapere autonomo, dissimulato, che non si giustifica con la legalità, ma con la necessità. Un potere che non chiede legittimità, ma si legittima da sé, conservando sé stesso.

Ecco allora che la storia politica italiana diventa un caso paradigmatico. La Loggia P2, scoperta nel 1981, non fu un episodio isolato, ma la punta dell’iceberg di una razionalità parallela: una rete di potere trasversale che collegava militari, politici, magistrati, finanzieri e giornalisti. Una struttura invisibile che non voleva rovesciare la Repubblica, ma indirizzarne il funzionamento dal basso, fuori dallo spazio pubblico.

La strategia della tensione – tra bombe, depistaggi e segreti di Stato – ne fu il complemento operativo: la produzione sistematica dell’insicurezza come tecnica di governo. Un esempio, oggi documentato, di gestione della paura attraverso il caos. Foucault parlava di “eccezione permanente”: un ordine che si costruisce fingendosi in emergenza.

La conclusione è chiara, seppur scomoda: il segreto non è l’opposto della democrazia. È una delle sue modalità operative. La democrazia moderna funziona su due livelli: quello visibile della legge, della parola pubblica, e quello invisibile delle decisioni non dette, delle appartenenze non dichiarate, delle reti che non si vedono.

Il vero potere, oggi come ieri, non si proclama. Si dissimula. E il problema non è tanto che esista il segreto, ma che non lo vediamo più come tale. Che lo abbiamo normalizzato. Che lo accettiamo come un elemento neutro, tecnico, inevitabile.

Il compito della critica – conclude l’intervento – non è smascherare con tono scandalistico, ma riconoscere le strutture dell’invisibile, comprenderne le logiche, disinnescarle con il pensiero. Perché non c’è democrazia senza visione, ma non c’è visione senza coraggio di guardare dove non si vuole guardare.

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Cettina Laudani è docente di Storia del pensiero politico presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università di Catania. Negli ultimi anni ha partecipato al programma di ricerca nazionale su: “Associazionismo e Democrazia” presso il Dipartimento di Storia della facoltà di lettere dell’Università di Padova e ai Programmi di Ricerca Scientifica di Rilevante interesse Nazionale su "Potere e opinione nel pensiero politico moderno" presso l’università di Firenze e su "Libertà e potere: vicende di una dialettica nel pensiero politico moderno e contemporaneo" all’Un. Di Parma. Gli studi più recenti sono rivolti alla storia del costituzionalismo siciliano e alla storia dell’associazionismo in Sicilia in relazione alla nascita della Massoneria e al ruolo assunto da quest’ultima nella seconda metà del Settecento. In relazione a ciò ha pubblicato 29 saggi e articoli apparsi in riviste e volumi collettanei per i tipi di Giuffrè, Milano 2008, Franco Angeli, Torino 2018 e Laterza, Bari-Roma 2018. Per la casa ed. Bonanno, ha pubblicato tre monografie; L’Appello dei Siciliani alla nazione inglese. Costituzione e costituzionalismo in Sicilia (2011); Dalla Libera Muratoria alle associazioni di Mutuo Soccorso. Democrazia e rappresentanza politica nella Sicilia postunitaria (2012); Illuminismo e Massoneria nel pensiero politico di Tommaso Natale (2018). Il saggio su Donne, Istruzione e lavoro nella Sicilia tra Otto e Novecento, Bonanno 2020, è stato recensito sulla pagina culturale di “Repubblica”. Nel 2022, insieme al gruppo di ricerca di Napoli, ha ottenuto un finanziamento pubblico per un Progetto di Ricerca d’Interesse Nazionale dal titolo: Democrazia e segretezza. Per una genealogia della trasparenza democratica. Dal 2021 è anche socia dell’Accademia degli Zelanti di Acireale. Attualmente lavora ad una ricerca nazionale sull’Eco-Femminismo tra Otto e Novecento ed è in via di pubblicazione una monografia su: Il Diritto di punire. La legislazione penale in Sicilia tra Sette e Ottocento

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