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Verso una “giustizia predittiva”. La serie di aperture e di limiti all’intelligenza artificiale.

Ammessa la possibilità di valutare l’attendibilità di un sistema di IA, sono in fase di studio e di perfezionamento software definiti “predittivi”, perché perseguono l’obiettivo di stabilire le probabilità di successo o di insuccesso di un determinato caso sottoposto ad un giudice.

In questa prospettiva è stato sviluppato nel 2016, presso l’University college of London, un algoritmo in grado offrire previsioni fortemente attendibili sul possibile esito di controversie dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. L’algoritmo, prendendo in esame la giurisprudenza della Corte, si è rivelato idoneo a valutare la violazione o meno degli artt. 3, 6 e 8 della Convenzione in nuovi casi concreti posti all’attenzione della Corte, con un margine di successo che sfiora addirittura l’80%. La macchina funziona non attraverso la simulazione di un ragionamento giuridico, sulla base un trattamento statistico dei dati raccolti. La presenza di un tasso di errore non elevato, ma degno di considerazione in ragione della delicatezza assunta dalle decisioni adottate, non rappresenta un elemento decisivo per escludere l’attendibilità complessiva del sistema. Infatti nel campo della giurisdizione, esiste un fisiologico tasso di sentenze riformate in appello o in cassazione.

Pensare ad una sostituzione del giudice ricorrendo a sistemi di IA, non può tuttavia essere consentita, perché avversa ai nostri principi costituzionali. Più da vicino, infatti, l’art. 102 Cost., affida l’esercizio della funzione giurisdizionale a magistrati istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario; l’art. 111, comma 2, Cost., statuisce che ogni processo si svolga davanti a un giudice terzo ed imparziale. Ancora, l’art. 101, comma 1, Cost., nel disporre che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, esclude che il giudice possa essere vincolato dall’esito di procedure algoritmiche che pongono l’operatore del diritto di fronte a pericolosi automatismi applicativi. Va segnalato, inoltre, l’art. 25 Cost., nel garantire il diritto al “giudice naturale precostituito per legge”, fa evidentemente riferimento ad un giudice persona fisica.

La sostituzione del giudice con meccanismi automatizzati di soluzione delle controversie, inoltre, comprimerebbe il diritto di difesa delle parti. La garanzia del diritto di ogni cittadino al un giudice indipendente e imparziale è del resto ribadita anche dalla CEDU – art. 6, comma 1 – e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Rappresenta considerazioni ulteriore volta ad escludere l’introduzione di giudici-robot, quella secondo cui, almeno al momento, non è possibile ricondurre agli schemi astratti della computazione algoritmica la varietà dei fatti che il diritto è chiamato a disciplinare e risolvere.

Basti  pensare come il giudice, nell’esercizio dell’attività giurisdizionale, non si limita ad un semplice sillogismo, essendo chiamato a realizzare una serie di valutazioni che spesso richiedono scelte difficili e non predeterminabili. Sarebbe complicato sostenere che tali valutazioni possano essere sostituite dal ricorso ad un sistema automatizzato di giustizia predittiva. Così come sarebbe articolato procedere alla sostituzione tramite algoritmo della motivazione giudiziale della decisione, che manifesta il cardine delle garanzie costituzionali del processo e della stessa imparzialità dell’organo giudicante.

In questa prospettiva, la Corte costituzionale ha ritenuto illegittimi, in varie circostanze, automatismi decisionali previsti dal legislatore. Così, ad esempio, nella recente sentenza n. 194 del 2018, la Corte ha dichiarato incostituzionale la norma del d.lgs. n. 23/2015 che, in attuazione della legge delega n. 183/2014 (cd. Jobs Act), aveva determinato in maniera “forfetizzata e standardizzata” l’indennità spettante al lavoratore ingiustamente licenziato, privando così il giudice del potere-dovere di valutare, alla luce delle specificità del singolo caso concreto, la misura dell’indennità ragionevolmente spettante al lavoratore, tenendo conto non solo dell’anzianità di servizio, ma anche degli altri criteri desumibili in chiave sistematica dall’evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti, cioè numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti.

Utilizzare l’intelligenza artificiale, al posto del giudice, vale a dire, incidere sulle garanzie costituzionali attinenti alla giurisdizione, quali l’effettività e la pienezza del diritto alla difesa delle parti, la qualità della decisione giurisdizionale, la capacità del giudice di far emergere la irriducibile peculiarità dei fatti e di calibrare su di essi la decisione, l’obbligo di motivazione.

Anche la dottrina, seppur non esente da orientamenti di diversa veduta, tuttavia, rimane largamente critica verso la possibilità di consentire al giudice l’impiego di strumenti di IA, specie se di natura predittiva, a sostegno delle proprie decisioni. La questione, è stato precisato, riguarda soprattutto la “travolgente forza pratica dell’algoritmo”, che finirebbe per spingere il giudice a conformarsi alla scelta suggerita dal computer, potendone quindi condizionare la motivazione.

A seguito dell’introduzione di un sistema automatico di decisione, all’interno di un processo decisionale umano, è stato oltremodo ritenuto che, “il sistema automatico tende, nel tempo, a catturare la decisione stessa”, anche in considerazione della forza pratica di qualsiasi automatismo valutativo che, da una parte, solleva il decisore dal burden of motivation, cioè dal peso dell’esame e della motivazione; dall’altra, gli permette di “qualificare” la propria decisione con il crisma della “scientificità” ovvero “neutralità” che, oggi, apparterrebbe agli esiti dell’analisi algoritmica conferendole una sorta – quanto infondata – di autorità.

Pertanto, se il giudice, nel decidere, finisse per adattarsi acriticamente sulle proposte dell’algoritmo, la riproduzione meccanica di decisioni rischierebbe di condurre a una pericolosa cristallizzazione della giurisprudenza a discapito della sua naturale evoluzione. Pericoli di tale specie, dunque, vanno decisamente evitati. L’autonoma valutazione del giudice, verso il quale si attribuisce in via esclusiva l’interpretazione del diritto applicabile, ancorché la valutazione delle peculiarità inerenti la fattispecie oggetto del giudizio, costituisce senza dubbio alcuno un principio irrinunciabile e valore apicale non negoziabile.

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Mi chiamo Luca Gigliuto e sono animato dalla straordinaria passione per il diritto, quest'ultimo inteso come occasione inestimabile di ricerca di giustizia e verità. Sono un legale e mi occupo, altresì, in qualità di docente di insegnamento, consapevole dell'importanza fondamentale di formare ed informare le persone con le quali ho costantemente il privilegio di poter interloquire, investendo, su quei valori alti del convivere umano e civile che, talora, la mediocrità di questo tempo sembra non considerare. Amo la scrittura che si traduce nella capacità di comunicazione e, a tal proposito, vanto collaborazioni con alcune tra le più prestigiose riviste giuridiche scientifiche online, come Diritto.it, Altalex e Quotidiano Legale. Sul piano professionale, inoltre, sono un amministratore condominiale, iscritto presso il registro nazionale Confedilizia, nonché mediatore civile e commerciale ed arbitro presso la Camera Arbitrale Internazionale. Mi nutre pure la passione per il sociale, la quale è coincisa con l'impegno personale nel mondo dell'associazionismo e in compagini politiche, sempre e comunque, a sostegno del bene comune come propria stella polare. Credere sempre, fermarsi mai.

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