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Francesco Vinci, ucciso a soli 18 anni per errore

Francesco “Ciccio” Vinci aveva solo 18 anni quando venne ucciso per errore dalla ‘ndrangheta il 10 dicembre 1976 a Cittanova in provincia di Reggio Calabria. Per uno strano destino il giovane era un’attivista politico di primo piano nella sua comunità e nella scuola in quanto già dotato di una solida e radicata coscienza antimafia. Crebbe in una famiglia umile con una tradizione democristiana, mentre il ragazzo maturava altre idee e sin dall’adolescenza mostrò di possedere un’intelligenza fervida e una capacità da leader. Al liceo scientifico cominciò a militare nel movimento studentesco e nella lega dei disoccupati iscrivendosi alla Federazione Giovanile Comunista; la sua preside lo sostenne con convinzione nella sua passione per la lettura mettendogli a disposizione la biblioteca della scuola e ascoltando tutte le sue richieste. Ciccio si mise in azione non nascondendo mai le sue posizioni ed impegnandosi in prima linea nella campagna elettorale del 1976. Aveva un carattere socievole, di indole generosa e allegra, sognava una società più giusta e soprattutto una Calabria diversa che uscisse dall’arretratezza in cui si trovava. Era circondato da molti amici e amava il calcio, organizzava anche dei doposcuola, non lesinando mai l’aiuto ai compagni più deboli e bisognosi di attenzioni. Insomma un giovane stimato ed un punto di riferimento per tutti. 

Francesco “Ciccio” Vinci

La realtà della Calabria degli anni ’70 risultava essere assai difficile e povera, certamente non dissimile dalla situazione odierna, una condizione resa ancora più grave dalla presenza pervasiva di una feroce ‘ndrangheta che infestava anche Cittanova dove in poco meno di trent’anni vi erano stati più di cento omicidi per mano mafiosa. Al liceo Ciccio gridava la sua rabbia nelle assemblee d’istituto: “Bisogna spezzare questa ragnatela che opprime tutta la Calabria”. Nella cittadina calabra vi era una faida tra la cosca dei Facchineri e quella dei Raso-Albanese per il controllo dei traffici illeciti nel territorio. Vi era stato anche un duplice terribile omicidio di due bambini Domenico di 11 anni e Michele Facchineri di 9 anni, uccisi nell’aprile del 1975, nella cosiddetta “strage di Cittanova”. Lo stesso Ciccio Vinci era stato vittima di uno scampato attentato; nonostante ciò il giovane non si lasciò intimorire, nutrito sempre da un indomabile passione alla lotta. In un convegno pubblico lanciò invettive durissime accusando la mafia di portare disordine, di operare nel ricatto, di provocare paura e intimidazione, di essere “la causa dell’arretratezza economica e culturale”. Il 10 dicembre del 1976 in mattinata Ciccio si trovava a Reggio Calabria dove era andato a presentare la richiesta di rinvio della leva militare e colse l’occasione per andare a trovare dei parenti. Nel pomeriggio si mise a giocare con il nipotino e poco dopo decise fatalmente di accompagnare la zia in campagna a prendere il marito Girolamo Guerrisicon con la macchina del cugino Rocco Guerrisi. Verso le 18 scattò l’agguato nei pressi del cimitero: in tre, due con lupara e uno con pistola, fecero fuoco sull’auto. La zia riuscì a cavarsela, mentre Ciccio in gravissime condizioni morirà in Ospedale poco dopo. Vi erano legami di sangue tra i Guerrisi e i Vinci, e tra i Guerrisi e i Facchineri. In Calabria le faide attraversano tutte i rami parentali, però l’unico errore di Ciccio fu quello di avere guidato l’auto del cugino, vero obiettivo dei killer. Una morte del tutto casuale, incidentale. Tre anni dopo verranno arrestati i fratelli Enzo e Romeo Marvaso, Francesco Trimarchi e Gerardo Galluccio. Amaro risvolto si rivelò nel fatto che Enzo Marvaso, uno dei due esecutori, era una vecchia conoscenza di Ciccio perché lo aiutava a fare i compiti. Ad ucciderlo fu anche un giovane coetaneo che frequentava il doposcuola di Ciccio. Avevano studiato insieme appena qualche giorno prima. Il ricordo di Francesco Vinci resta indelebile nella comunità di Cittanova, un esempio indimenticabile di virtù e coraggio civile. Un giovane che Don Luigi Ciotti ha definito “davvero giusto”, simbolo della libertà per le future generazioni nella lotta alla ‘ndrangheta. 

 

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Alessandro Sorace classe ’88 nato a Catania. Giurista, giornalista pubblicista, appassionato di arte, storia ed amante della cultura, del gusto e del buon vivere. Collabora da gennaio 2022 col quotidiano online "Clessidra 2021".
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