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19 Luglio 1992:quel palazzo di fronte Via D’Amelio su cui non si indagò

Il 19 Luglio 1992, in un terribile attentato muoiono in Via Mariano D’Amelio a Palermo Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina. Solo Antonio Vullo, agente di scorta, rimane miracolosamente illeso.

E’ di qualche giorno fa la notizia, dopo oltre trent’anni, che i Giudici, hanno concluso un processo sui depistaggi su quest’atto terroristico. Si afferma in sentenza che quel giorno, in via D’Amelio, non vi era solo la mafia ma anche “entità esterne” che hanno contribuito a far sparire l’agenda rossa dalla borsa di Paolo Borsellino.

Si e’ detto tanto, tantissimo, su quest’argomento; si sono appurati depistaggi incredibili, come quello del falso pentito Scarantino, si sono fatti film, processi, giornalisti Italiani e di tutto il mondo hanno scritto e documentato tutto quanto era documentabile e dove emergeva palesemente che ad agire non era stata solo la mafia.

Permettetemi, ma la sentenza di oggi a cosa ci serve per avere verità e giustizia? Se non a dirci che probabili appartenenti alle Istituzioni Democratiche hanno depistato e fatto sparire l’agenda rossa di Paolo Borsellino ma, ancora una volta, per l’ennesima volta, non ci sono colpevoli o condannati per i depistaggi? Sebbene un fatto e’ stato denunciato ma, guarda caso, mai preso in seria considerazione da nessuno: vi era un palazzo in costruzione di fronte via D’Amelio da dove, tecnici della scientifica affermano con certezza dopo studi e triangolazioni tecniche, che è stato azionato il telecomando per attivare l’esplosione. Ma di questa storia, ancora oggi, dopo tutto quello che si e’ detto e scritto, non si parla come si dovrebbe e non viene considerato un fatto determinante per le indagini volto ad accertare i veri colpevoli di Stato.

Si crede ad uno Spatuzza che ci dice chi furono i mafiosi ad organizzare l’attentato, ma non ci dice chi erano gli uomini dello Stato presenti quando si imbottì la Fiat 126 di esplosivo. Si dice che fossero appostati nel giardinetto adiacente Via D’Amelio (cosa impossibile perché quel giardino era di proprietà di qualcuno estraneo alla mafia e quel giorno e i giorni prima dell’attentato avrebbero potuto essere presenti nella loro proprietà e vedere quello che non dovevano vedere).

Spatuzza non ci parla (verosimilmente) dei mafiosi Fratelli Graziano, proprietari di quel palazzo scomparso dalle indagini. I Graziano, vicini alla famiglia mafiosa dei Madonia di Palermo che a sua volta erano in contatto con elementi dei Servizi Segreti ed in particolare, quei Fratelli Graziano che erano anche in “rapporti” con il Dott. Contrada a cui avevano ceduto degli appartamenti.

A nessuno viene il dubbio che Spatuzza, come Santino Di Matteo detto “mezza nasca” e tanti altri collaboratori, abbiano detto e dichiarato quello che potevano dichiarare, dicendo delle mezze verità e tenendo nascosti elementi e fatti che potevano coinvolgere queste “entità esterne” che la sentenza odierna attesta come presenti in via D’Amelio senza identificazione e soprattutto senza alcuna condanna?

Due Agenti della Criminalpol di Catania, (di cui uno era lo scrivente) mandati in supporto alle indagini, il giorno dopo la strage, individuarono subito quel palazzo:

c’e’ una terrazza, con vista diretta sullo scenario della strage a distanza di 100 metri;

c’e’ una robusta lastra di vetro appoggiata al parapetto della terrazza, incrinata verosimilmente dall’esplosione, con numerose cicche di sigarette nelle immediate adiacenze;

c’e’ una telefonata anonima al 113 che segnala strani movimenti di persone, nel momento della strage, presenti su quella terrazza ( ricordo a tutti che era domenica pomeriggio e il cantiere del palazzo doveva essere, per logica, senza operai); c’è, soprattutto, una relazione di servizio fatta dai due Agenti Criminalpol, relazione sparita per circa 18 anni dal fascicolo sulla strage, che riportava la descrizione dei luoghi, i numeri di telefono dei cellulari dei Graziano su cui si potevano e si dovevano fare indagini per accertare i loro contatti specialmente nell’immediatezza della strage (telefoni cellulari, sebbene ancora non diffusi di cui entrambi i Graziano erano in possesso);

vi erano le generalità complete dei Graziano e un controllo effettuato, su nominativi, dalla centrale operativa del 113 interpellata telefonicamente dai due Agenti Criminalpol;

ci sono testimonianze che affermano come gli uomini del Capitano Arcangioli ( capitano dei CC fotografato e ripreso con in mano la borsa del Dott. Borsellino nell’immediatezza della strage) erano presenti sotto il palazzo dei Graziano. Cosa ci facevano? Qualcuno lo ha appurato?

Agenti Criminalpol che dopo tali scoperte, sono stati rimandati immediatamente nei loro Uffici di Catania escludendoli da ulteriori sviluppi o indagini.

Nessuno, nessuno ha mai approfondito come andava certamente fatto, le indagini su quel palazzo; ancora oggi si tende ad escluderlo come elemento e fatto essenziale per addivenire a precise responsabilità di Mafia-Stato.

Dire vergogna, credo sia il minimo che si possa dire e affermare.

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