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L’ illegalità dei “colletti bianchi” mette a rischio la democrazia

L’ illegalità dei “colletti bianchi” mette a rischio la democrazia.
Politici, imprenditori, professionisti, magistrati, dipendenti civili dello Stato e appartenenti alle Forze dell’Ordine, dirigenti di banca: in tutte queste categorie si annidano soggetti corrotti, talora contigui alla criminalità mafiosa e anche collegati alla massoneria deviata.
Punire i reati da essi commessi è sovente complesso, perché la copertura della reciproca omertà rende difficile il loro accertamento.
Ma sono reati particolarmente gravi, in quanto distruggono il tessuto dei rapporti sociali, inquinano l’economia, il lavoro, la certezza del diritto, le motivazioni dell’agire morale, il senso di responsabilità individuale e collettivo.
Minano la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, delle leggi, dello Stato.
Vi è una preoccupante percezione generale che lo Stato sia capace di punire più facilmente i reati commessi dalla fasce sociali più deboli, mentre sia quasi “disarmato”, se non compiacente, nei confronti dei crimini dei “colletti bianchi”.
In realtà le carceri italiane sono maggiormente piene di “poveri Cristi”, mentre i vari esponenti delle classi sociali privilegiate spesso riescono a godere dei benefici dell’impunità.
Il fenomeno è antico.
Ecco quanto dichiarava su questo tema, nel 1876, il Procuratore di Girgenti ad una Commissione Parlamentare d’inchiesta.
“Se capitano dei poveri disgraziati che non hanno protezioni, impegni, denari, né appartengono alla maffia, si può star sicuri non troveranno indulgenza alcuna. E si avranno verdetti severi e giusti.
Ben altro è poi se gli imputati appartengono a classe agiata, ovvero alla maffia.
Per qualunque atroce crimine si può star sicuri d’ottenere verdetti di incolpabilità.”

Fortunatamente oggi non sempre è così, ogni tanto vi è “un giudice a Berlino” per i potenti.
Ma alcune ipotesi di riforma normativa vorrebbero tarpare le ali a questo giudice.
Chi comanda non tollera il controllo di legalità sul proprio operato.

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Laureato in Giurisprudenza nell’ Università di Catania. Avvocato penalista di lunga e consolidata esperienza, patrocinante presso la Suprema Corte di Cassazione e Giurisdizioni Superiori. In particolare modo svolge attività di assistenza e consulenza legale, nonché attività di rappresentanza e difesa in sede contenziosa e stragiudiziale, principalmente nel settore del diritto penale e prevalentemente nelle seguenti materie: Reati contro l’ordine pubblico; Reati contro la Pubblica Amministrazione; Reati contro la persona; Responsabilità medica; Diritto penale del lavoro; Reati contro il patrimonio. E’ stato uno dei fondatori del Movimento La Rete e poi deputato regionale dello stesso gruppo politico all’Assemblea Regionale Siciliana per due legislature. E’ un animatore e un attivista dell’impegno antimafia a Catania in Sicilia e si è distinto nell’attività professionale difendendo molti collaboratori di giustizia che hanno reciso i legami con Cosa Nostra.

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